UN PAESE CHIAMATO OMAN

Prima di partire per l’Oman mi sono fatto mille domande, anche dopo aver raccolto tante informazioni su un paese proteso verso il Mare Arabico a sud e che sulla cartina sembra schiacciato a Nord – ma anche spinto verso est – dai paesi confinanti. Io e altri colleghi eravamo tuttavia pronti al confronto con un sultanato a metà strada tra tradizioni millenarie e aperture sempre più convinte verso l’Occidente. La curiosità mi ha spinto a godermi l’attesa fino al giorno della partenza da Milano Malpensa, da dove otto ore di volo sono sufficienti per atterrare in una capitale mai vista prima e sorprendersi per la straordinaria accoglienza all’arrivo. Muscat non lascia indifferenti, essendo una città di mare con il deserto alle spalle: in altre parole, una metropoli con rocce che cadono a strapiombo su vie trafficate. Le sue case bianche, tipiche di un paesaggio desertico, evidenziano ancora di più il verde di parchi e giardini curatissimi, presente anche in tutte le isole stradali che dividono le arterie principali. 

“Nella capitale è iniziato il nostro tour, pianificato come sempre su misura, ideale per essere riproposto a clienti che intendono l’Oman non come una tappa, ma come una vera e propria destinazione del Medio Oriente”

Un viaggio a queste latitudini va vissuto come un’avventura, che può cominciare con una visita alla Sultan Qaboos Grand Mosque. Pur essendo la terza moschea al mondo – qui si possono riunire anche ventimila persone – mi sono reso conto della sua imponenza soltanto quando ho potuto ammirare da vicino il grande lampadario Swarovski all’interno e l’enorme tappeto persiano cucito a mano che copre tutto il pavimento. Toccate con mano, le pareti rivestite con marmo di Carrara confermano la crescente attenzione di questo paese verso uno stile architettonico cosmopolita, ma testimoniano anche la voglia di “consolidare” i rapporti culturali e commerciali con il nostro paese. A Muscat ho avuto modo di respirare l’aria cittadina, percepire in mille modi diversi la quotidianità di un’ampia fetta della popolazione. Il tenore di vita è davvero molto alto, forse oltre ogni aspettativa. Uomini e donne scelgono liberamente dove andare, chi frequentare, cosa indossare. La povertà è sconosciuta, la libera impresa è estesa anche alle donne, autorizzate ad aprire un’attività. Inoltre, i bambini frequentano regolarmente scuole dove l’insegnamento delle lingue straniere è obbligatorio sin dalle prime classi. In Oman splende il sole tutto l’anno, ma la serenità della popolazione locale è una conseguenza dell’elevato grado di sicurezza – che caratterizza anche le maggiori città – garantito dalla presenza capillare della polizia e da un tasso di criminalità molto basso. Qualcuno direbbe che non c’è criminalità perché non c’è povertà:   

“Sembra di trovarsi in una Svizzera sul Golfo, fino a quando non ti imbatti nella prossima roccia a strapiombo sul mare e ti ricordi che qualcuno ha ribattezzato questo paese come la Norvegia d’Arabia”

 Lasciando Muscat, o una qualsiasi località omanita, ci sono centinaia di chilometri di deserto da considerare. Le distanze tra le città sono un po’ più difficili da calcolare e tenere a mente proprio per la presenza della sabbia, delle rocce, di oasi che non sono un miraggio. Nell’oasi di Wadi Al Arbaeen, le sorgenti d’acqua dolce e salata si snodano tra pareti di roccia e palmeti. Non a caso, a poca distanza da qui ci sono ancora intere tribù di beduini. Nelle loro tende, i beduini vivono, mangiano, dormono, crescono i loro figli. Gli interni sembrano usciti da un antico libro sfogliato poco prima, ma ogni cosa è reale. Lo sono i tappeti a terra, i mobili di legno, le cucine da campo.

“Sotto le tende vivono persone poco loquaci, ma cordiali e abituate ad ascoltare. La loro socialità segue queste regole. In questo angolo di mondo sono i volti a parlare, ed è una fortuna: resta intatta la sensazione di trovarsi in epoche che lasciano spazio ad avventure da Mille e una Notte.”

Come qualsiasi popolazione, gli omaniti possono essere molte cose, ma l’accoglienza sembra essere davvero una caratteristica comune, un valore condiviso da portare avanti ad ogni costo. La sensazione è che questo paese abbia fatto i conti anche con il suo passato di terra di conquista e ne abbia tratto addirittura forza. Sarà merito dei forti portoghesi del diciassettesimo secolo, ancora visibili. Sarà merito di altre costruzioni fortificate – visitarle tutto è un tantino impegnativo, se ne calcolano più di cinquecento – che confermano la vocazione difensiva degli Omaniti nel corso dei secoli.  La visita al forte Jabrin, al centro di un palmeto, con gli affreschi e le incisioni coraniche all’interno, invoglia comunque a fare almeno un secondo o terzo tentativo, visitando castelli che è impossibile trovare altrove. Ne è una prova Qal’at Bahla’, con torri imponenti di otto secoli fa e alte cinquantacinque metri – un sito dal 1987 riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. 

“Un luogo storico non è necessariamente un luogo spento, un luogo del passato…. A Bahla si prega ancora nelle moschee e si respira la vita che c’è al di fuori, nei vicoli o tra i suq, dove i profumi di spezie e incenso resistono da millenni.”

I mercati tipici sono assolutamente da visitare, come quello di Nizwa. Dopo un autentico tour delle spezie, mi sono diretto verso la sezione destinata alla vendita degli animali. Lì si ripetono ciclicamente trattative da tempo immemorabile, vere e proprie aste all’interno di un anfiteatro dove molti uomini osservano, valutano, offrono e comprano.

Ci sono anche i bambini: ne ho conosciuto uno di nome Amir, seduto a poca distanza dal padre e dallo zio. Approfittando di un momento di pausa e della postazione al riparo dal sole, Amir ha tirato fuori il suo cellulare. Grazie all’inglese che studia regolarmente a scuola mi ha spiegato brevemente lo scopo dell’ultimo videogame scaricato sul suo smartphone.

“Ho conosciuto Amir nel mercato il giorno prima della mia partenza per l’Italia: parlare con questo ragazzino di nove anni in un anfiteatro è stato un po’ come dialogare con il suo paese”.

Dove le persone hanno l’opportunità di convivere pacificamente e prosperare. Forse perché sostenuti dall’orgoglio per il proprio passato e dall’entusiasmo verso il futuro.

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